Risultati preliminari dello scavo archeologico dell´Abbazia di Santa Maria Assunta di Maguzzano

29/4/08 .- http://www.gardanotizie.it/

Risultati preliminari dello scavo archeologico (campagne 2005-2006)Abbazia di Santa Maria Assunta di Maguzzano (Lonato),

Per gentile concessione della Dr.ssa Alexandra Chavarría Arnau docente Archeologia Università di Padova


1. L’indagine archeologica

Lo scavo archeologico del chiostro della abbazia di Santa Maria Assunta di Maguzzano, frazione del comune di Lonato (Brescia) ebbe inizio nel mese di febbraio di 2005 quando, in occasione dei lavori di posa di nuovi sottoservizi per l’adeguamento dell’impianto antincendio e della rete fognaria, furono realizzate tre trincee rettilinee a ridosso dei colonnati orientale e occidentale del chiostro e in posizione mediana lungo l’asse est-ovest . A seguito dei risultati e grazie all’interessamento della comunità del monastero e di alcuni studiosi legati a questa istituzione (in particolare i professori R. Belveglieri e V. Messori) si è iniziato a progettare un’indagine programmata consistente nell’analisi del territorio dove si trovano l’abbazia e le sue proprietà, nello studio dei materiali rinvenuti fortuitamente nell’area del monastero e in una serie di campagne di scavo con l’informatizzazione dei dati su una piattaforma GIS , indagini realizzate da un’équipe per conto della Soprintendenza Archeologica della Lombardia (2005) e poi, su concessione ministeriale, della cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Padova, sotto la direzione scientifica di Gian Pietro Brogiolo e di chi scrive
Nella prima campagna (settembre 2005) furono aperti due saggi di medie dimensioni (3,50 x 7 m ogni uno), allo scopo di valutare la potenzialità archeologica delle diverse aree del chiostro in particolare la zona sudest (saggio 1) e la zona nordovest (saggio 2), entrambi a ridosso delle trincee già realizzate a febbraio. Nella seconda campagna (settembre-ottobre 2006), sono state aperte tre aree di scavo più ampie, nel settore ovest e sudest del chiostro a ridosso dei saggi aperti nel settembre del 2005 (saggio 3 a forma di L di m 20,30 x 6 massima e 20,30 x 3,74; saggio 4 di m 6,50 x 8,50; saggio 5 di m 11,55 x 5). Le indagini hanno interessato una superficie complessiva di circa 350 mq su un totale di circa 900 mq di superficie totale del chiostro che verranno completamente indagati in campagne successive.
L’obiettivo del nostro lavoro è quello di ricostruire la storia di questa abbazia veronese in territorio bresciano e delle vicende insediative che portarono alla sua nascita.

2. L’abbazia di Maguzzano prima del 1492 (secondo le conoscenze anteriori al 2005)

L’abbazia di Santa Maria Assunta si trova nella frazione di Maguzzano nel comune di Lonato (Bs), sulle coline moreniche prospicienti il lago di Garda (Fig. 1). L’antichità del popolamento in questa zona è attestata da numerosi rinvenimenti archeologici fortuiti che coprono un arco cronologico tra il Paleolitico e il Basso Medioevo .
Per quello che riguarda le vicende più legate alla nostra indagine, risulta di enorme interesse segnalare il ritrovamento, poco lontano dell’abbazia, di due cippi di età romana che starebbero a indicare l’esistenza, nelle vicinanze del monastero, dell’importante via di comunicazione romana, tradizionalmente identificata, nel settore dell’abbazia, come la strada Macarona che unisce Lonato e Desenzano e passa accanto all’attuale chiesa del monastero. Tuttavia ci sono alcuni elementi che potrebbero portare a pensare che in realtà l’antica strada romana passerebbe invece a sud del monastero dove attualmente si trova il cimitero. Proprio in relazione a questo cimitero alcune notizie raccolte in loco riferiscono della presenza di un edificio romano interpretato come villa o, se accettiamo l’ipotesi di una via in questa area, come insediamento legato alla viabilità tipo mansio.
Tra VIII e IX secolo sono datati alcuni reperti scultorei (frammenti di plutei, cornici e piastrini) rinvenuti durante i lavori del 1961-1962 all’interno della chiesa . Questi frammenti di arredo liturgico appartengono sicuramente ad un luogo di culto, ben più antico della prima attestazione di una abbatiola Magonziani destinataria di un decreto emanato dal vescovo di Verona Raterio, attorno all’anno 966, dopo la distruzione provocata dagli Ungari . Dopo l’incendio l’abbazia viene ricostruita si crede che prestando particolare attenzione ai problemi di difesa forse tramite una torre di avvistamento della quale resta testimonianza in una iscrizione, conservata nel deposito lapidario del monastero, dove si fa riferimento al suo restauro da parte dell’abate Gesone a metà del XII secolo.
Tornando al Decretum questo documento ci dice anzitutto che l’abbazia era stata fondata da un privato definito genericamente come constructor, senza indicarne il nome e la data: il documento di istituzione non era disponibile e Raterio si rifaceva ad una consuetudine allorché ricorda che il fondatore aveva stabilito che dopo il primo abate da lui scelto, i successivi venissero indicati dal vescovo di Verona?
La seconda informazione è invece di conoscenza diretta del presule e ci riporta al motivo del suo intervento: dopo che gli Ungari avevano incendiato il piccolo cenobio, vi si era installato da solo (solus gestabat cucullam) un individuo sposato e con prole che si era attribuito falsamente il titolo di abate. Di fronte ai propositi riformatori di Raterio, non aveva esitato a cercare di corromperlo. Ma il presule, allontanato l’usurpatore, modifica lo stato giuridico dell’ente, destinandovi tre presbiteri che vi celebrassero messa tutti i giorni, un diacono, un presbitero e alcuni chierici (clericuli), sotto la guida di un presbyter honorabilis. Nessuno di questi poteva essere monaco (cucullum nemo illorum portet), ma formalmente nulla doveva cambiare: tutti erano tenuti a cantare gli inni in memoriam antiquae consuetudinis in laudibus, matutinis, prima, tertia, sexta, nona, vespera et completorio.
Il decreto di Raterio non chiarisce da quanto tempo l’abbaziola fosse legata al vescovo di Verona e dunque non è certo se il primo luogo di culto che, sulla base dell’arredo liturgico, risaliva, come si è visto, almeno alla fine dell’VIII secolo, fosse già una cappella monastica ovvero una piccola chiesa funeraria privata presso la quale l’ignoto fondatore avrebbe istituito il piccolo monastero. Anche se la prescrizione del vescovo relativa alle antiche consuetudini sembra suggerire un’antichità del cenobio.
Il documento fornisce infine, seppur indirettamente, alcune indicazioni sull’entità dei beni fondiari, stabilendo le spettanze dei tre presbiteri (per ciascuno dieci moggi tra frumento e segale, altrettanti tra legumi e miglio, dieci di sorgo, dodici di vino), del diacono (la metà di quanto percepito dai presbiteri) e del suddiacono (un terzo circa). Scaglionato nella medesima misura anche il compenso in denaro per i vestimenta: cinque per ciascun presbitero, tre per il diacono e uno per il suddiacono. Quanto rimaneva del reddito patrimoniale era destinato al superiore (un quarto presbiter honorabilis) che era tenuto, nelle festività più importanti, ad invitare a pranzo gli altri cinque ecclesiastici a lui subordinati. Sebbene questo ultimo dato non venga precisato, le rendite del monastero e dunque il suo patrimonio dovevano essere modeste, un quadro confermato dall’insistenza con la quale Raterio declina al diminutivo i sostantivi che lo definiscono (abbatiola, prediolo, coenobiolo).
Nel complesso, la riforma delinea un insediamento religioso con sei ecclesiastici e un numerico imprecisato di clericuli, ai quali sono da aggiungere i dipendenti laici, in parte residenti presso il monastero, in parte nelle proprietà dipendenti.
Non è chiaro quando i monaci regolari siano tornati al monastero . Nel 1090, Uberto, figlio del conte di Parma, sul quale si tornerà più avanti, dona un appezzamento di terra alla chiesa di S. Maria de Maguziano in villa , precisazione interessante perché non si allude al monastero, ma solo ad una chiesa in rapporto con un nucleo abitato.
Un monastero con una chiesa con funzioni plebane compare poi nel privilegio che il papa Eugenio III rilascia nel 1145 al vescovo di Verona : oltre al monastero, che disponeva di cappelle e decime, viene infatti indicata anche una plebem eiusdem loci cum decimis e capellis suis, dal che sembrerebbe dedursi che vi esistevano due distinte entità ecclesiastiche, ciascuna con una propria gestione patrimoniale.
Già nel XVIII secolo, quando vennero compilati due registri di inventari dei dell’archivio monastico, non vi erano carte anteriori al 1190, anno dal quale si conservano i regesti dei documenti e l’elenco degli abati . E anche di queste carte, salvo di alcune conservate nell’archivio della Magnifica Patria di Salò , si sono in seguito perse le tracce.
I documenti del XIII secolo danno alcune indicazioni sul patrimonio edilizio del monastero, ricordando un edificio a due piani e un altro provvisto di portico . Dal 1289 compare, tra le pertinenze, anche un castello di Maguzzano, presso il quale vengono redatti alcuni atti ; dal momento che non è citato nel privilegio papale del 1145, che invece li ricorda per altre dipendenze dal vescovo veronese, si può ipotizzare sia stato costruito dopo quella data e prima del 1289.
Dalla metà del XIII secolo, la situazione economica del monastero non appare florida. Nel 1247 l’abbas et conventus chiedono al papa Innocenzo IV di poter alienare beni a fronte di una grave situazione debitoria nella quale i proventi riescono a malapena a ripagare gli interessi dei debiti. Nel 1313 il Monasterium et Comunitas Maguzani vengono descritti negli statuti di Brescia tra le terre disabitate .
Tale situazione di disagio sembra perdurare ancora agli inizi del XV secolo, come si rileva da un breve del 1434 con il quale il papa Eugenio IV affida all’arcidiacono di Mantova una verifica della richiesta dell’abate Francesco per l’unione della cappella dei SS. Filippo e Giacomo di Lonato, da poco costruita nel castello di Lonato, al Monastero di Maguzzano, allo scopo di trasferirvi il monastero. A sostegno della richiesta si sostiene che gli abati hanno risieduto negli ultimi cento anni nel castello di Lonato, in quanto il monastero si trova in loco solitario et ab hominum habitationibus per duo milliaria vel circa remotus e propter hostiles incursus a centum annis citra nullus abbas cum monachis conventualiter resedit .
Probabilmente l’abate esagerava nel descrivere una situazione così disastrata al fine di ottenere il trasferimento del monastero nel castello di Lonato, richiesta che Il papa, con breve del 22 novembre, approva e il monastero assume il nome di S. Mariae de Lonato alias de Maguzano . Le proprietà del monastero erano infatti consistenti, come si ricava da un documento del 1424, con il quale Lanfranco de Roziis subaffitta al conte di Vicomercato, zio del castellano di Padenghe, tutti i beni del monastero da lui ricevuti in affitto due anni prima . Si tratta di proprietà site in Maguzzano (terre e molini), Padenghe, Lonato (terra e case eccetto quella dell’abate), in Gardone ab Avola, in Buceniga (Bissiniga) di Salò, in Brescia, a Bedizzole, Rivoltella e Collata; ed inoltre dei beni spettanti alle cappelle dipendenti di S. Marco di Bedizzole, S. Maria di Chizzoline, S. Michele di Castelgoffredo, S. Zenone di Villa di Brenzone (con torchio e molino) . La consistenza dei beni è indirettamente suggerita anche dalla proprietà di tre molini nelle vicinanze del monastero, alimentati dal Riofreddo .
La riorganizzazione del cenobio, riportato da Lonato a Maguzzano, viene attuata nella seconda metà del XV secolo, dapprima incorporandolo nel monastero di S. Giustina di Padova (nel 1463) , poi (dal 1491) in quello di San Benedetto Po (Mantova), al quale sarà legato fino alla soppressione napoleonica del 1797.
Immediatamente dopo il passaggio ai monaci di Polirone, cominciarono i lavori di costruzione del monastero che in buona parte esiste ancora oggi. Il complesso comprendeva due chiostri, il primo ad oriente con la chiesa aveva funzione conventuale; nel secondo, del quale sopravvivono tre lati, due dei quali ancora provvisti di porticato era destinato alle attività produttive.

3. I risultati delle campagne di scavo nel chiostro rinascimentale (2005-2006)

Il cortile del chiostro conventuale, oggetto degli scavi, si trova a sud della chiesa rinascimentale ed è delimitato negli altri lati da un porticato realizzato nel 1493.
e indagini, che vi sono state condotte, sono state condizionate dalla presenza di condutture idriche ed elettriche e da alcune palme, per cui non si è potuto eseguire uno scavo in estensione, ma solo di aree più limitate e separate tra loro.
Le ricerche si proponevano quattro principali obiettivi:
verificare la data di fondazione dell’abbazia, certamente anteriore, come si è detto, alla metà del X secolo (distruzione degli Ungari)
verificare la presenza di strutture precedenti alla costruzione del monastero
tracciare le vicende edilizie del monastero tra la data di fondazione e la costruzione delle strutture rinascimentali
ricostruire, tramite la documentazione archeologica, gli aspetti economici, culturali e sociali legati alla vita del monastero prima del 1491, quando l’area di scavo diviene il giardino del chiostro.
Periodo I: età romana
L’ubicazione dell’abbazia di Maguzzano nelle immediate vicinanze dell’antica strada romana che da Verona portava a Brescia facevano già ipotizzare che il monastero fosse stato costruito su un più antico insediamento romano, che potrebbe aver modificato artificialmente l’andamento del terreno naturale, che aveva una pendenza da ovest verso est e da nord verso sud, abbassando i livelli verso nord e riportando terreno verso est. Tuttavia -e anche se durante le tre campagne di scavo sono stati rinvenuti alcuni materiali appartenenti all’epoca romana - non sono state per ora rintracciate strutture architettoniche appartenenti a questo periodo.
Periodo IIa: altomedioevo
Le tracce insediative più antiche documentate nello scavo sono state rinvenute nell’area sud del chiostro (saggio 2/2005 e saggio 5/2006, e consistono in un piano di calpestio costituito da argilla a partire dal quale è stata scavata una buca di palo (US 2031). Non è chiaro a quale struttura o attività si riferiscano questi elementi.
Il piano di calpestio è coperto da uno strato di distruzione (US 2557), plausibilmente a seguito di un incendio tagliato dalla costruzione di due muri (infra).
All’interno di questo strato sono stati rinvenuti due frammenti di parete appartenenti ad una medesima olla di ceramica grezza e un frammento di parete di pietra ollare che secondo la tipologia di lavorazione è possibile riferire preliminarmente ad una fase altomedievale antica (VI-VII secolo?).
Periodo IIb: altomedioevo
In tutti i saggi sono state individuate murature legate con argilla, che per la diversità di spessore e tecniche costruttive sono da riferire a più edifici, di cui si dà conto a partire da nord verso sud.

Edificio I

Nell’area nord del chiostro sono venuti in luce due lacerti di muratura legati con argilla, non è certo se appartenenti al medesimo edificio (edificio I), ma plausibilmente in uso assieme (hanno quote di rasatura compatibili).
La prima muratura , a nord del saggio 1, di circa 1,90 m di lunghezza per 51,5 cm di spessore, ha orientamento nord-sud. È conservata in alzato per un massimo di tre corsi realizzati con ciottoli morenici di piccole e medie dimensioni legati con argilla ed è probabilmente connessa con un perimetrale est-ovest esterno all’area di scavo. Dopo la costruzione di questo muro il piano ad ovest è stato rialzato con un strato di riporto di argilla grumosa, frammenti di focolare concotto in grumi, pietre e rari frammenti di laterizio . Strato proveniente dalla demolizione di un precedente edificio. Non è stato identificato il piano di calpestio collegato con questa muratura, plausibilmente perché asportato in una fase successiva.
Dalla seconda muratura , a sud del saggio 3, è stato messo in luce un lacerto di m 1,10 x 0,50 di spessore e altezza non determinabile con orientamento nordest-sudovest. Conservava un unico corso di pietre di medie (25 x 20 x 15 cm) e grandi dimensioni (50 x 25 x 15 cm) legate da un limo argilloso di colore bruno chiaro con inclusi di ghiaia fine, piccoli litoidi e minuti frammenti di laterizio. Ne anche in questo caso è stato identificato il piano d’uso collegato con questa muratura.

Edificio II

Quattro lacerti di muratura legati in argilla, con andamento est-ovest plausibilmente appartenenti a uno stesso muro sono venuti in luce nel saggio 4, posto nell’area centro occidentale del chiostro. Questi lacerti erano costituiti da pietre moreniche spaccate di medie dimensioni (0,25 x 0,15 x 0,10 m) disposte su uno o due corsi irregolari tenute unite da un legante limo-argilloso di colore bruno chiaro frammisto a ghiaia e piccoli litoidi. Nella USM 2045 la risega di fondazione sporge di 0,11 m e, per quanto visibile, è alta 0,10 m circa. Il lato nord della USM 2045 è rivestito da intonaco di calce biancastro.

Edificio III

Nel saggio 5 è documentata una struttura (edificio III) le cui murature (USM 2554 e 2560) tagliano lo strato di incendio e distruzione della fase precedente. Le appartengono un angolo di muratura nord ovest (USM 2554), un frammento di muratura nord sud (USM 2560) che svolta verso est e alcune grosse pietre (US 2562) pure innestate su 2554. Non ne è chiara la funzione, a meno che corrisponda ad una scala per un edificio che si sviluppava verso est.
L’USM 2554 è composta da pietre parzialmente sbozzate, delle dimensioni di max. 37 X 25 cm e min. 20 X 11 cm, legate con argilla di colore giallastro, molto compatta; il muro chiude ad angolo retto verso la sezione ovest e prosegue verso sud sotto l’USM 2510 e verso ovest all’interno della sezione del saggio. Della struttura in alzato si conserva al massimo un solo corso; sul lato orientato nord - sud sono visibili quattro pietre, in media delle dimensioni di 23 X 9 cm, disposte di piatto e appoggiate sopra una pietra di grandi dimensioni, probabilmente interpretabili come soglia d’accesso ad un piano superiore. I piani d’uso erano entrambi costituiti da uno strato a matrice limo - argillosa di colore marrone scuro, con tracce di terreno concotto, probabilmente un focolare, posto nell’ambiente a sud di USM 2554; il piano d’uso dell’ambiente a nord di USM 2554 è stato successivamente rialzato, nella parte a nord - ovest del muro stesso, con un riporto di terreno argilloso sul quale è stato impostato un focolare .
L’USM 2560 è costituita da litoidi delle dimensioni max. 20 X 20 cm e min. 12 X 16 cm, legati con malta contenente pochissima calce e argilla molto compattata; il muro chiude ad angolo retto verso sud - ovest e prosegue verso est dentro la sezione, mentre verso nord si lega a USM 2554, delimitando così un ambiente quadrangolare di piccole dimensioni; la struttura si conserva solo in fondazione. Il muro è costruito a partire da US 2564 e il suo piano d’uso (US 2556) è costituito da uno strato a matrice limo - argillosa di colore marrone scuro, con tracce di terreno scottato, probabilmente un focolare.
La fase di abbandono di questo edificio è testimoniata da uno strato di distruzione (US 2557 e US 2558) e da uno di crollo (US 2553), di cui facevano parte i mattoncini pavimentali, probabilmente di epoca romana, sopra ricordati.

Edificio IV

Successiva è la costruzione di un altro edificio (edificio IV), in pietre legate con argilla, del quale è stato documentato l’angolo sud-ovest (USM 2019).
Il muro 2019 , costituito da pietre sbozzate di medie dimensioni, legate con argilla di colore giallo, chiude ad angolo retto contro la sezione nord (USM 2026=2022 ). Della struttura in alzato si conservano un massimo di sei corsi verso ovest disposti con una certa regolarità (spessore fondazione 0,58 m).
Tagliata all’interno dello strato di argilla di riporto (US 2027) e addossata all’esterno sud del muro appena descritto, si trova un’altra struttura (USM 2023 ) in pietre sbozzate legate con argilla, di cui si conservano solo il lato lungo sud e il lato corto ovest; il fondo è costituito da uno strato argillo-limoso con molto carbone, di colore nero, con andamento piano e regolare. La struttura è stata costruita a partire dall’interfaccia superiore di US 2013, con un filare in ciottoli, in parte (quelli di maggiori dimensioni) messi in verticale, in parte in orizzontale. Le dimensioni della struttura e la presenza di ossa umane frammentarie nel riempimento della fossa, che in parte ha distrutto la struttura, suggeriscono di interpretarla come sepoltura.
Il piano d’uso (US 2550), posto a nord di questa struttura muraria, era costituito da terreno a matrice limo argillosa di colore marrone scuro e andamento leggermente inclinato verso ovest; su questo piano era impostato un grande focolare (US 2551), appoggiato direttamente al muro, il quale presenta tracce di arrossamento da fuoco. Sulla superficie di questo piano d’uso si notano anche altri punti di terreno concotto e lenti di cenere.
Il tutto viene obliterato da una fase di distruzione testimoniata da uno strato di macerie (US 2520) esteso a tutta l’area sud del saggio 5.

Periodo III

Al periodo III vengono attribuite murature stratigraficamente posteriori a quelle del periodo II, caratterizzate da un legante in malta (Fig. 4). Appartengono tutte ad edifici anteriori alla fase rinascimentale, ma non è certa la correlazione tra i differenti settori, che verranno dunque descritti in paragrafi distinti. In generale, tuttavia, va osservata una netta distinzione nella sequenza del settore nord rispetto a quello sud. Nel primo si susseguono due fasi con edifici di una certa consistenza, il più recente dei quali caratterizzato da una tecnica costruttiva romanica, mentre nel settore sud si trovano per lo più edifici di minor mole associati a sepolture e con una arco di vita che dal X-XI secolo arriva fino al XV; solo al margine meridionale è venuta in luce una massiccia costruzione, interpretata come torre.

(a) settore nord ovest

Fase 1
Nell’area nord del chiostro sono state documentate due strutture: un angolo di edificio che si sviluppava verso ovest (edificio V) e un grosso muro est ovest .

Edificio V

Dell’edificio V è stato messo in luce per oltre sei metri il perimetrale est che fa angolo con il perimetrale nord che prosegue oltre il limite di scavo.
La muratura USM 1094-1030 (conservata per un massimo di due corsi in alzato e due di fondazione e con uno spessore variabile da 50 a 70 cm) è costituita da litoidi sbozzati e pietre moreniche di grandi dimensioni (35x40x15) disposti in due corsi irregolari. Al centro pietrame, laterizi spezzati e abbondante malta. La malta, poco tenace, era di colore biancastro con inclusi di ghiaia. Plausibilmente era in fase con il piano d’uso 1112-1043, a matrice limosa di colore marrone molto scuro quasi nero . Nell’angolo nordovest del saggio e in fase con 1112 è stato rinvenuto un focolare (US 1133) . Verso nord questa muratura si legava al muro USM 1015 formando un angolo.
La muratura USM 1005-1070 , orientata est-ovest (con una inclinazione diversa rispetto all’edificio V) è stata individuata per una lunghezza complessiva di oltre 7 m. È costituita da due corsi di pietre spaccate (medie 25 x 15 x 15) disposte in corsi poco regolari sopra un letto di malta di ca. 2-4 cm. Verso nord la risega è costruita in due modi diversi: molto più sporgente verso ovest che verso est, situazione che si ripete anche nel lato sud. La malta è di colore biancastro con inclusi di ghiaia ed è di consistenza tenace.
All’esterno dell’edificio V e a sud del muro 1070 vi era un’ampia area aperta di cortile dove sono state documentati diversi piani (US 1141, 1137, 1126) caratterizzati dal colore molto scuro e dalla presenza di abbondante materiale archeologico. A una prima fase (US 1141) appartengono tre buche di palo forse da ricondurre a una struttura in legno. Ad una successiva (US 1137) corrisponde, sempre nell’area del cortile, un’area di lavoro (US 1139) costituita da vari blocchi di pietra quadrangolari e da altre pietre infisse con attorno abbondanti scorie e carboni (Fig. 8). Tra il materiale archeologico è da rimarcare la presenza di numerose ossa animali, di scorie di bronzo e di frammenti di pietra ollare associati a ceramica grezza. Su alcuni reperti di pietra ollare sono presenti tracce di riparazione sia in ferro, sia in bronzo. Si conservano, infatti, due fondi con riparazioni con grappe di bronzo, e due pareti, una con riparazione con una grappa di ferro ed una con un chiodo in bronzo.

Fase 2

Edificio VI

Dopo la demolizione delle murature preesistenti e la formazione di vari strati di livellamento seguiti da piani di cantiere (US 1129), viene costruito un nuovo edificio, del quale nell’area di scavo sono stati messi in luce per m 8,5 un perimetrale nord sud (USM 1063-1010) che si appoggia ad una grande muro est ovest (USM 1050), in fase con il livello di pavimento US 1082. Queste murature presentano un paramento con pietre moreniche sbozzate tramite piccozzina e disposte in corsi regolari orizzontali con un emplecton di pietrame e frammenti laterizi. Nel legante, costituito da malta color beige piuttosto friabile, vi sono inclusi grossolani di ciottoli e frammenti di laterizio, per lo più tegole. In base alla tecnica costruttiva si possono forse datare al XII secolo. Del pavimento si conserva una minuscola traccia di malta nell’angolo tra il muro 1050 e la sezione est del saggio e il piano di livellamento e preparazione, costituiti da uno strato a matrice limosa di colore bruno chiaro con litoidi di piccole e medie dimensioni, frustoli carboniosi, frammenti di laterizi, grumi di malta anche di dimensioni centimetriche, frammenti di ceramica e di intonaco.
(b) settore sud est
Particolarmente importanti sono stati i rinvenimenti appartenenti a questo periodo documentati nell’area sudest.

Fase 1

Edificio VII e tomba 2

Di questo edificio sono stati messi in luce i perimetrali sud e ovest (USM 2506 e USM 2535) e probabilmente parte del perimetrale nord (USM 2541) di un edificio con pareti affrescate all’interno del quale venne deposta una sepoltura (tomba 2)
L’USM 2506 (quella meglio conservata) è costituita da pietre sbozzate delle dimensioni di max. 40 X 18 cm e min. 11 X 9 cm, legate con malta molto tenace, di colore biancastro, molto grossolana, con inclusi ciottoli di piccole dimensioni; il muro chiude ad angolo retto contro la sezione ovest (USM 2535) e prosegue all’interno della sezione nord; della struttura in alzato si conserva al massimo un solo corso. Del probabile perimetrale nord (USM 2541), con orientamento est - ovest, è stata messa in luce solo parte della risega, costituita da pietre di grosse dimensioni, parzialmente sbozzate e legate con poca malta di colore biancastro.
Le pareti interne di questo ambiente sono intonacate e dipinte in rosso, con figure di cui rimangono solo alcuni lacerti della parte terminale bassa; la parete esterna del lato sud è anch’essa intonacata, in bianco. Il piano d’uso di questa stanza era costituito da un pavimento in malta (US 2538) , di cui sopravvivono rari lacerti, che probabilmente era in fase con la tomba (US 2532) rinvenuta in questo settore.

La tomba (tomba 2), in muratura e orientata est - ovest, presenta due distinte fasi costruttive. Il tratto più antico, verso est, è composto da litoidi appena sbozzati, delle dimensioni di 15 X 17 X 9 cm, visibili sui due lati lunghi della sepoltura. In una seconda fase la tomba è stata ampliata verso ovest con tre corsi di blocchi di tufo squadrati delle dimensioni di 26 X 21 X 12 cm, legati tra loro con malta bianca, disposti in file di due per parte e lasciati a vista. Le pareti interne sono coperte da uno strato uniforme di intonaco dipinto in rosso, fatta eccezione per la parte della struttura costruita con blocchi di tufo. Il lato corto est è costituito da uno strato di malta, intonacata e dipinta in rosso, costruito contro terra e inclinato dall’alto verso il basso. Il fondo è formato da tre tegoloni delle dimensioni di 51 X 42 cm, legati alla struttura dallo stesso intonaco che copre le pareti, che si interrompono a 58 cm dall’estremo ovest della tomba, dove è presente il cuscino cervicale in malta. La copertura della tomba, in parte ancora conservata in posto, era costituita da lastre di calcare biancastro delle dimensioni di 63 X 42 X 6 cm, disposte a coppie, e legate con una malta di biancastro poco tenace al resto della struttura. All’interno sono stati rinvenuti gli scheletri di otto individui le cui ossa erano state ammucchiate ai piedi e contro il lato sud della sepoltura in fasi diverse di riutilizzo della stessa.

La decorazione del vano e la presenza di una tomba al suo interno ci inducono a interpretarlo, pur provvisoriamente, come un edificio funerario, forse una cappella. La frammentarietà dello scavo (manca il settore est per una dimensione sconosciuta) ci impedisce di confermare la presenza di elementi che facciano pensare a un’organizzazione liturgica dello spazio orientale dove potrebbe trovarsi l’area presbiteriale (ipotesi peraltro da verificare).
Di poco successiva, è la costruzione di un ulteriore ambiente (edificio VII a) a sud di quello appena descritto, nell’area precedentemente occupata dall’edificio IV. E’ delimitato da una struttura muraria la cui risega è costituita da pietre di grandi dimensioni, appena sbozzate, legate tra loro con poca malta molto tenace; in alzato si conserva al massimo per un corso, visibile lungo il perimetrale sud (USM 2510), costituito da una fila di pietre sbozzate di medie dimensioni, poste di taglio e legate tra loro con malta di colore biancastro. La struttura chiude ad angolo retto contro la sezione ovest e prosegue verso nord (USM 2507) appoggiandosi al muro 2506 e chiudendo così la stanza verso nord - ovest. Verso est i muri proseguono all’interno della sezione. Il perimetrale sud di questo ambiente si appoggia alla precedente struttura 2022, di cui in parte segue l’orientamento.
Anche questa stanza era intonacata, con calce bianca. Il suo piano d’uso era costituito da un pavimento in malta (US 2552), di cui rimane solo un piccolo lacerto che si lega al muro 2510. Nello strato di preparazione di questo pavimento (US 2513) è stata rinvenuta una moneta in argento scodellata dell’XI secolo .

Fase 2

Edificio VIII

Nel 2005 sono state messe in luce due strutture murarie forse riferibili ad un medesimo possente edificio . La prima struttura (USM 2020 ), ubicata verso l’angolo sudovest del saggio è costruita con corsi di pietre di medie dimensioni legate con malta molto tenace di colore biancastro, stesa in maniera non regolare. La struttura è costruita a partire dallo strato US 2003, ad una quota più bassa rispetto al muro USM 2018, la fondazione del muro è a sacco. Questa struttura è stata parzialmente distrutta nel settore est (differenziata con la USM 2021) dalla costruzione di una fossa comune (US 2003).
La seconda struttura (USM 2018 ), costruita a partire dallo strato US 2029 con trincea di fondazione a sacco, ha uno spessore di un metro, paramenti di grosse pietre ed emplecton di materiale più minuto gettato alla rinfusa. Presenta un angolo verso sud e considerate le grandi dimensioni delle murature e delle fondazioni, è plausibilmente interpretabile come torre, forse da riferire al castello documentato, come si è visto sopra, nel 1289. La massicciata di fondazione di una probabile seconda torre è venuta in luce nel dicembre 2004 nel giardino a sud del complesso monastico.
c) settore sud ovest

Edificio IX e tomba 1

Sempre nell’area sud del chiostro, ma questa volta verso ovest, gli scavi del febbraio di 2005 portarono alla luce un edificio (edificio IX) della larghezza di 3,15 m, delimitato da due muri orientati est-ovest conservati in fondazione e pavimentato con un battuto (US 36) a matrice limo-argillosa compatta, mista a scarsa ghiaia medio-fine, rari litoidi, frammenti di laterizio e abbondanti frustoli di carbone. Dei due perimetrali del vano, meglio conservato appariva il muro meridionale (US 38), largo 0,43 m, messo in luce per una lunghezza massima di 0,60 m e costituito da litoidi di dimensioni variabili e rari frammenti laterizi, legati da abbondante malta di calce molto tenace di colore bianco; del perimetrale settentrionale (US 35) si manteneva invece la sola fondazione, larga 0.50 m e realizzata con ciottoli e rari litoidi calcarei di dimensioni uniformi privi di legante.
ll’esterno sud allineato al perimetrale è stata scavata una sepoltura a cassa in muratura (tomba 1) . La tomba , priva di copertura, presentava una struttura di forma ellissoidale costituita da ciottoli e rari frammentari di laterizio legati da abbondante malta di calce di consistenza tenace e colore grigiastro. L’interno della tomba , con pareti pressoché verticali, era interamente rivestito di malta mentre che il fondo della struttura, che presentava cuscino cefalico in malta, era in nuda terra. Particolarmente interessante di questa sepoltura è il fatto che, nei lati in prossimità della testa dell’inumato, è stata rinvenuta una iscrizione incisa nella malta ancora fresca (Fig. 14). Il testo si legge facilmente come: † VBERTO LAICUS IN PACE R†EQUIES. A partire della grafia, dal nominativo e dalle caratteristiche delle croci M. Sannazaro ne propone una datazione compresa tra il X e l’XI secolo.
All’interno della tomba furono rinvenuti resti scheletrici di tre individui, due con un grado di completezza parziale e un terzo più completo disposto lungo tutta la sepoltura e con un grado di connessione anatomica parzialmente identificabile. Tra i materiali del riempimento si sottolinea la presenza di una frazione di follis di Costantino proveniente dalla zecca di Roma e databile al 317-318 d.C . La presenza di questa moneta all’interno della sepoltura è probabilmente del tutto casuale.
Ritornando all’individuo (Uberto) per cui fu concepita la sepoltura è da sottolineare la coincidenza del nome con due personaggi legati in qualche modo al monastero. Il vescovo Raterio ricorda un Hubertus parmensis e un altro Uberto, figlio di Aduino conte di Parma, compare in due documenti del 1090, in uno dei quali dona un appezzamento di terra alla chiesa di S. Maria di Maguzzano, mentre nell’altro sottoscrive un atto nella Rocca di Manerba .
Il settore sud verrebbe dunque a costituire in questo periodo un’area funeraria con sepolture destinate, per quanto ne sappiamo fino ad ora, a personaggi di alto rango (Uberto e gli individui della tomba 2) e plausibilmente anche ai religiosi che vivevano nell’abbazia.
(d) settore centrale (saggio 4)

Fase 1

Edificio X

All’interno di questo periodo si possono provvisoriamente situare anche alcuni degli edifici rinvenuti nel saggio 4: a sud un edificio (edificio X) che si sviluppava verso ovest, delimitato a est e a nord dalla muratura USM 2047 . Si tratta di una muratura composta da due tratti che si congiungono ad angolo retto.
Il primo tratto di orientamento nord-sud è di dimensioni 4,05 x 0,95 x 0,40 m nel limite di scavo; il secondo tratto di orientamento est-ovest è di dimensioni 1,70 x 0,47 x 0,40 m. La muratura è costituita da pietre moreniche spaccate di medie dimensioni (0,20 x 0,15 x 0,10 m) e da altre pietre "piatte" di medie (0,20 x 0,15 x 0,10 m) e grandi dimensioni (0,65 x 0,40 x 0,10 m) legate da malta tenace di colore biancastro con inclusi di sabbia e ghiaia. Alcuni laterizi frammentari sono disposti tra le pietre. In prossimità dell'angolo tra i due tratti verso nord e verso est i brevi alzati sono rivestiti da intonaco biancastro (US 2073 e 2076).
Nel tratto nord-sud sembrano potersi distinguere due fasi costruttive: ad una prima muratura di 0,53 m di spessore se ne addossa verso ovest una seconda di 0,45 m. Sempre nel tratto orientato nord-sud, verso sud la muratura è attraversata per tutto il suo spessore da una canaletta di cui si conserva il fondo costituito da due grandi pietre "piatte" e parte delle sponde costituite da mattoni disposti non paralleli. Il fondo è inclinato verso est (quota ovest 1214, quota est 1215). In un momento impreciso venne costruito un pozzo all’interno di questa stanza.

Fase 2

Edificio XI

A questo edificio si addossa a nord un’altra costruzione (edificio XI: USM 2046 e 2037) che funzionava con la canaletta 2051 . Le due murature erano costituite da pietre moreniche spaccate di medie dimensioni (0,25 x 0,20 x 0,10 m circa) disposte su un corso poco regolare legate da malta con letti di 0,01 m circa. La malta è di colore biancastro tenace con inclusi di ghiaia fine e sabbia. Nei letti e nei giunti sono osservabili alcuni frammenti laterizi.
Sia il muro 2037 che la canaletta furono successivamente obliterate dalla USM 2040, muratura (5,50 x 0,78 x 0,35 m) ad andamento est-ovest (lievemente orientato nord-est/sud-ovest) costituita da pietre moreniche spaccate di medie dimensioni (0,25 x 0,20 x 0,10 m) disposte su due corsi irregolari legati con malta poggianti su letti di 0,01 m circa. Emplecton di malta, ghiaia, pietrame, laterizi frammentari. La malta è di colore beige con inclusi molto abbondanti di ghiaia fine e sabbia.

Periodo IV (età rinascimentale)

Dopo la demolizione delle strutture murarie delle fasi precedenti e la realizzazione di alcune grandi buche riempite di macerie (in particolare US 1092 con un riempimento di numerosi laterizi e frammenti di intonaco oltre che litoidi di medie dimensioni) vengono deposti successivi riporti (1046) per creare prima un piano di cantiere sicuramente per la costruzione del chiostro del 1492.
A sud del saggio 1,3 e a nord del saggio 4 sono state rinvenute tre grandi murature parallele (1002, 32 e 2036) orientate est-ovest con identica tecnica costruttiva, successive a tutte le strutture murarie precedenti (nel caso di 1002, questo muro taglia sia le USM 1063-1010 che le USM 1094-1030) e di non essere coperto dallo strato di livellamento che copriva il resto di strutture, il che induce a pensare che questi muri funzionassero con il chiostro rinascimentale. E’ dunque probabile che questi muri, rinvenuti durante gli scavi, corrispondano ad un corpo mediano largo m 8.5 (edificio XII) che, secondo la cartografia storica , divideva a metà il chiostro dell’abbazia e che fu demolito in un momento attualmente imprecisabile.BR>In corrispondenza con l’area nord del chiostro e databili al periodo rinascimentale o (più plausibilmente alle fasi successive) sono venute in luce due canalette di scarico costruite in mattoni ed orientate da nordest a sudovest. La prima (US 1061) era ubicata a ridosso del perimetrale sud della chiesa ed stata messa in luce per un tratto di circa 3 m. A circa 8 m dal perimetrale sud della chiesa è stata rinvenuta la seconda (US1060) che presentava verso il centro un tombino circolare in materiale cementizio. Tutte due erano costruite con spallette e fondo di mattoni legati da abbondante malta di calce colore grigiastro. Solo la US 1061 conservava la copertura.
Anteriore alla canaletta 1061 è venuto alla luce un angolo di edificio (edificio XIII) conservato in fondazione all’interno del deposito morenico naturale. Ha un orientamento diverso da tutti gli altri edifici, è certamente più antico della chiesa rinascimentale, ma non vi è alcun elemento per attribuirlo al periodo III.

Conclusioni

Gli scavi hanno messo in luce una situazione assai complessa che richiede ulteriori ricerche e riflessioni, il che rende questa nota, con la quale si è voluta dare una tempestiva notizia dei risultati della ricerca, provvisoria, ancorché alcuni risultati siano attendibili:
l’area indagata presenta una sequenza che va dall’alto medioevo all’età moderna, mentre non sono state trovate stratigrafie più antiche, che pur dovevano esistere, considerati i reperti di piena età romana che sono stati trovati in livelli successivi;
in ogni fase esistono più edifici distinti che si estendevano sia verso est, dove le stratigrafie sono presumibilmente conservate all’interno del corpo di fabbrica rinascimentale, sia verso ovest e sud dove sono state distrutte dalle cantine. Nelle trincee eseguite nel 2005 lungo il perimetro esterno del complesso rinascimentale, solo verso sud sono emerse strutture, il che autorizza a congetturare che negli altri due lati l’insediamento non si estendesse oltre;
vi altresì un’evoluzione nelle tecniche costruttive tra le fasi più antiche, altomedievali, che presentano murature legate con argilla e quelle successive nelle quali il legante è di malta;
per le fasi più antiche non è chiaro la funzione degli edifici e nemmeno se fossero o meno pertinenti ad un complesso religioso e solo a partire dal periodo III, la presenza di sepolture pare in relazione forse con una cappella, che non coincide con la chiesa attuale; in particolare poi rimane da verificare se tutte le strutture di queste fasi sia in relazione con il monastero e non anche, almeno in parte, con la chiesa plebana ricordata nel documento del 1145.
Solo il completamento delle ricerche, oltre ad ulteriori indagini in archivio, permetteranno di risolvere alcuni di questi problemi.

Alexandra Chavarría Arnau tratto da Gardanotizie

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