Gli archeologi non esistono

26/7/12 .- http://www.tafter.it

Il paese con il patrimonio archeologico invidiato da tutto il mondo non possiede l’archeologo come figura professionale definita. Una lacuna che non ha solo cause legislative ma soprattutto culturali

Quando un archeologo si sente chiedere quale sia il suo lavoro sa già a quali reazioni andrà incontro. Solitamente cala un velo di stupore sul viso di chi ascolta la risposta, come se all’improvviso prendesse coscienza del fatto che per loro c’è vita anche al di fuori degli schermi televisivi. Talvolta invece ci si imbatte nell’archeologo mancato, ed ecco che lo stupore è sostituito dall’entusiasmo. L’elemento comune che però caratterizza entrambi i casi è la prima risposta che si riceve : “archeologia, che passione”.

Questa innocua frase in realtà cela la visione che in Italia si ha degli archeologi e quindi dell’archeologia in genere. Mesi fa una giovane archeologa ha quasi innescato una rissa all’ufficio anagrafe del suo comune di residenza; l’assurda pretesa della giovane era quella di inserire alla voce “professione” il termine archeologa.

La dipendente comunale si ostinava in un secco rifiuto, e la ragione del suo diniego era frutto di un’ovvia considerazione : la professione di archeologo non esiste. La dipendente comunale aveva ragione, ma probabilmente non sapeva il perchè. In Italia, paese il cui patrimonio archeologico è immenso, gli archeologi non esistono.

Potete vederli sui cigli delle strade che vigilano attenti sui lavori di edilizia pubblica e privata, pronti a fermare tutto nel momento in cui la ruspa potrebbe distruggere un muro in laterizii o i resti di una statua. Potete vederli, e forse riconoscerli, ma in ogni caso loro non esistono. Gli archeologi non esistono esattamente come invece esistono avvocati, architetti, medici, psicologi, chimici, geologi e via discorrendo. In Italia quindi la figura professionale dell’archeologo non è contemplata per legge.

Non c’è un albo, nessuno esame di stato, nessun percorso universitario definito. Per un archeologo diventa una barzelletta anche andare a stipulare una polizza anti-infortunistica necessaria per accedere ai cantieri. L’assicuratore rimane sempre un poco sconcertato mentre al telefono con la sede centrale chiede in quale classe di rischio inserire l’assicurato. All’improvviso quindi la compagnia assicurativa trasforma gli archeologi in operai specializzati oppure in geologi, come gli occhi di Medusa tarsformavano gli uomini in pietra.

Questa anomalia non deve sorprendere molto, l’archeologia per molti italiani è una passione coltivata da alcuni benestanti studiosi che si dilettano tra anticaglie. Peggio, il pensiero dominante è che l’archeologo voglia solo scavare per trovare “cose” ritardando lavori e consegne. Quello che non si sa è cosa fa veramente l’archeologo : ricostruisce un frangente, un momento storico, un’esperienza di vita passata. Questo compito è gravoso ed impegnativo perchè richiede la capacità di destreggiarsi tra fonti antiche, autocad, database, ricerche d’archivio e i più disparati strumenti . Una volta che l’archeologo ha tutti i puntini al posto giusto li unisce, e scrive ” la Storia”.

Quando si saprà dare valore alla nostra storia come percorso per conoscerci e migliorarci forse il nostro paese saprà valorizzare il suo patrimonio. Le bellezze d’Italia non sono tali solo per il valore artistico che hanno, ma soprattutto perchè sono prodotti di ingegneria, di cultura, di ricchezza e anche di potere. Riappropriarci della nostra storia ci aiuterà a conoscerci meglio, e forse a migliorarci. In attesa che gli archeologi inizino la loro vita come categoria potrebbero impegnarsi per farsi conoscere, ed emergere così dallo stagnante mondo autoreferenziale nel quale talvolta si chiudono.

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